This is the blog for Franko B's sculpture class at Accademia di Belle Arti di Macerata, Italy.

Agnese Basili

JENNY HOLZER

La base della pratica di Jenny Holzer è la scrittura,lei comunica con il suo pubblico attraverso il posizionamento di brevi testi nello spazio urbano in supporti vari (LED luminosi,pietre incise,video..); un'operazione di defamiliarizzazione del paesaggio mediatico che mina e ribalta i dispositivi pubblicitari.I testi sono costituiti in prevalenza da brevi enunciati relativi alla quotidianità , al potere, alla giustizia, ai rapporti umani,e con insistenza negli anni più recenti alla morte e alla guerra;argomenti trattati molto spesso,ma secondo me con una sensibilità diversa,una lettura che rimanda ad una riflessione,lo spettatore rimane sorpreso e si trova a riflettere dopo aver letto casualmente una delle fresi della Holzer,magari mentre sta prendendo un caffè al centro di New York.Il lato secondo me interessante di questo lavoro è il coinvolgimento anche di persone che non si interessano nella vita all'arte, ma che nel momento in cui si
trovano davanti ad un'opera della Holzer inevitabilmente sono stimolati da questa.
Il suo modo di fare arte è provocatorio e accosta messaggi scottanti e anticonvenzionali alla tradizionale pubblicità.
Jenny Holzer inserisce silenziosamente e in modo realistico i suoi messaggi nei luoghi pubblici, anche grazie all'utilizzo di media poco appariscenti , così che ci si accorge casualmente della loro presenza.
Nel 1986 crea Under the Rock: un commentatore descrive fatti orrendi così come sono successi , in modo oggettivo, questi testi sono ora incisi in panche di pietra.
Secondo me il lato più interessante di questa opera sta nella comunicazione diretta, infatti invitano ad uno stato di riposo e contemplazione; sono esposte in diverse mostre oltre che in alcuni parchi, i visitatori delle mostre possono sedervisi sopra. La differenza tra le due posizioni è sostanziale, infatti lo stesso messaggio è letto in modo diverso in base al luogo in cui sono esposte.
Jenny Holzer è cosciente del fatto che se le sue opere sono esposte in un luogo pubblico si rivolgono ad un osservatore casuale , mentre se sono esposte in un museo si rivolgono ad un pubblico colto e appassionato d'arte; dunque nei musei le sue istallazioni non hanno un impatto così forte come all'esterno per la sorpresa che crea allo spettatore.
Lavora alla serie Survival con contenuti più complessi e un linguaggio se vogliamo più aggressivo; inoltre in carattere umanitario dell'opera permette di rivolgersi direttamente al lettore dall'invito: "go where the people sleep and see if they safe".
Intorno agli anni '90 produce Laments, che comprende l'allestimento di due stanze: in una ci sono un gruppo di insegne luminose e nell'altra una serie di tombe. Ora cambia il modo di comunicare , non tratta più solo politica e sociale, ma argomenti come la morte e l'indifferenza verso l'AIDS e le sue vittime. In questo lavoro si esprime in modo più elaborato, il linguaggio è più malinconico che nei primi, in oltre è più introspettivo e contemplativo. I discorsi sono quelli delle vittime che parlano da morte. Opere come questa sorprendono per il forte contrasto provocato dal fatto di usare contemporaneamente tombe sobrie e legate alla tradizione e insegne luminose moderne e molto appariscenti; lo stesso effetto si ha davanti ai lavori che accostano panchine e pannelli elettronici.
Nel 1990 con The Venice Istallation, partecipa alla Biennale di Venezia nel padiglione Americano vincendo il Leone d'Oro. Le istallazioni sono state esposte in vari luoghi della città: un'insegna luminosa è messa all'aereoporto Marco Polo, alla stazione dei treni di Santa Lucia e in una stazione di taxi ; altre affissioni collocate sui vaporetti e venduti cappelli e t-shirt negli stands di souvenirs. Quest' opera ha modernizzato la Venezia da cartolina per un breve periodo oltre ad essere servita come strumento di promozione per l'artista che in questo modo si è fatta conoscere anche dalla gente comune che vive in città e non frequenta il mondo dell' arte.
Nel 1993 realizza Lustmord, su commissione di un quotidiano tedesco durante il periodo della guerra in Bosnia: il tema è la violenza infflitta alle donne mussulmane dai soldati serbi durante la guerra. Il lavoro è composto di foto di pelle umana che riporta delle scritte realizzate a mano col sangue di donne tedesche e jugoslave , le frasi riportano espressioni di violenza pronunciate dalla prospettiva del colpevole della vittima e del testimone , il linguaggio ha molteplici punti di vista.
I temi riguardano tragedie collettive come in Under the Rock e Laments. E' insieme un'espressione di sofferenza collettiva e di dolore personale. La differenza con Laments sta nel fatto che mentre nella prima le vittime parlano da morte , nella seconda parlano da vive.
Le opere di Jenny Holzer implicano la partecipazione di uno spettatore attivo, non hanno alcun senso se non sono notate o lette, le persone completano il lavoro , gli danno un significato, è attivato un "processo di comunicazione" , "di interazione" e "influenza reciproca".
Nel suo caso è lo spettatore che tende ad avere un ruolo primario , le opere sono solo degli imput per istaurare la relazione opera - spettatore. Le sue istallazioni sono quindi interattive e il mezzo con il quale comunica è più importante dell'opera intesa come oggetto materiale esposto in un museo.
La Holzer ha saputo sviluppare un modo di fare arte nuovo, provocatorio, di forte impatto, altamente comunicativo che probabilmente non si avvicina
all 'idea di arte di tutti (sarebbe impossibile) ma riesce a comunicare direttamente anche con chi non è d'accordo o è schivo a questo tipo di arte e lo fa con la parola, la lettura e la riflessione inevitabile per qualsiasi spettatore.

AGNESE BASILI

video scultura

WILLIAM KENTRIDGE

Considerato il mio grande interesse verso il disegno e l’importanza che ha nel mio lavoro la figurazione e l’uomo in genere, costituito sempre dalla sovrapposizione di segni e cancellazioni, ho deciso di approfondire e conoscere meglio il lavoro di William Kentridge, un’artista che secondo il mio punto di vista ha saputo ridar vita al disegno e a tutte le sue variabili, con lavori e progetti in forma di narrazioni video molto intense ed evocative che sanno suscitare forti emozioni.
Non ho mai avuto, fino ad ora, l’opportunità e la fortuna di osservare una sua esposizione dal vivo, mi sono dovuto limitare alla visione dei suoi lavori tramite supporti digitali come dvd, materiale reperibile dal web e alcune interviste, ma già ha saputo cogliere tutta la mia attenzione. Wlliam Kentridge è un artista, per me, ancora tutto da scoprire, ho avuto modo di conoscere il suo lavoro solo di recente, durante questo ultimo anno e proprio per questo colgo l’occasione per approfondire la mia conoscenza riguardo ad un artista che credo meriti molta attenzione.

William Kentridge nasce a Johannesburg (Sudafrica) nel 1955 dove studia alla Arts in Politics and African Studies, University di Witwatersrand, poi si diploma alla Fine Arts della Johannesburg Art Foundation. Negli anni 80 frequenta l'École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq a Paris.
Il suo interesse per il cinema e il teatro risale all’inizio degli Anni Settanta, quando si impegna in diversi progetti come autore, regista, attore e scenografo, fondando la Junction Avenue Theatre Company e collaborando alla realizzazione di sceneggiati televisivi e lungometraggi.
La sua prima esposizione personale di stampe e disegni risale comunque al 1979, mentre il lavoro nell’animazione parte dieci anni più tardi con Johannesburg 2nd Greatest City After Paris, dove compaiono per la prima volta i suoi celebri personaggi di Soho e Felix.
Nato e cresciuto a contatto con la difficile realtà dell’Apartheid, William Kentridge guarda con estrema lucidità e consapevolezza alla storia del suo Paese d’origine e crea un’arte intensa e di grande forza espressiva che riflette sui meccanismi della memoria e della dimenticanza, sul senso etico di responsabilità, sulla colpa e la complicità, sul dolore e l’ingiustizia. La sua opera procede per metafore potenti e poetiche allo stesso tempo che, seppur radicate nella realtà dell’Apartheid, allargano la riflessione alla condizione umana in genere.
Artista, filmmaker e regista teatrale, e' una delle figure intellettuali di spicco dell'attuale panorama sudafricano. Il suo lavoro e' caratterizzato dalla co-presenza di diversi mezzi espressivi: nelle sue installazioni, alla pittura e al disegno, si affiancano spesso oggetti tridimensionali e videoproiezioni, dando allo spettatore la sensazione di entrare dentro la scena, ma soprattutto dentro la realta' e la storia di un Sudafrica in transizione e in trasformazione.

“Per me i miei disegni sono una sorta di diario che lega il lato personale, che puo' essere l'umore o il sentimento di quel giorno, con le note e gli appunti nei confronti di tutte le questioni morali che ho dovuto affrontare. E' come se ci sia un lato artistico assieme alle grandi domande su cui mi sono dovuto confrontare assieme alla societa' di cui facevo parte.”
William Kentridge
Le sue non sono comuni animazioni costituite da migliaia di disegni. La sua particolarità non consiste nel realizzare migliaia di disegni diversi, bensì nell’effettuare centinaia di modifiche soltanto sulla base di pochi disegni. Affisso al muro del suo studio vi è un foglio di carta di grandi dimensioni ed al centro della stanza vi è una telecamera. La realizzazione del film consiste in una camminata, una camminata tra il disegno e la telecamera: esegue il disegno, va verso la telecamera e gira un paio di fotogrammi di un’immagine, torna al disegno e inizia a cancellare e a modificarlo, poi torna di nuovo alla telecamera e riprende un paio di altri fotogrammi, in modo che ogni sequenza del film coincida con un disegno, ma un disegno modificato, cancellato e che ha subito decine o centinaia di aggiunte. In ciascun disegno rimarrà dunque una traccia di ogni fase, di ogni suo sviluppo. La sua insistenza nel processo stesso e nei disegni è anche il concetto del passare del tempo, della traccia del tempo e della storia. La tecnica stessa dei film contiene una parte del significato dell’opera.

“Inizialmente pensavo che non cancellare bene fosse quasi una colpa ma poi, vedendo i film, quella che sembrava un errore e' diventato un rafforzamento del discorso e in realta' mi facevano guadagnare qualcosa.”
William Kentridge

Le video animazioni di William Kentridge danno vita ad un mondo bianco e nero, in cui a ogni nuovo colpo di grafite sembra sempre corrispondere una cancellatura, un pentimento.
Un mondo in tumulto,dove gli oggetti si sciolgono, le persone sembrano liquefarsi e il paesaggio è inondato da misteriosi liquami che travolgono la volontà degli uomini. Le sue opere si svolgono in un montaggio che prosegue per libere associazioni, in un flusso di coscienza in cui le immagini, tanto rudimentali quanto evocative, si collegano l’una all’altra in sequenze oniriche che riportano ai deliri di Joyce e alle visioni di Magritte.

“Nel descrivere un’epopea personale che si intreccia con traumi collettivi, Kentridge costituisce un caso solitario nella storia dell’arte più recente, ed è unanimemente riconosciuto come uno degli artisti sudafricani più importanti al mondo”.
(da Cecilia Alemanni, William Kentridge, Milano, Electa, 2006)

“I miei disegni non hanno inizio da un ‘bel tratto’. Deve trattarsi di un segno di qualcosa che esista lì fuori nel mondo. Non deve essere un disegno preciso,ma deve scaturire da un’osservazione e non da qualcosa che sia astratta come un’emozione.[…] Uso quasi sempre il carboncino, a volte è un tratto su un foglio, altre, due tratti dimensionali, altre,invece, filmo i disegni mentre li realizzo, passo per passo, e il movimento diventa allora l’origine di future opere filmiche: due azioni che attraversano il tempo."
William Kentridge

Tutti i suoi film sono nati senza una storyboard o una sceneggiatura, e questo spiega i frammenti discordanti e incoerenti, che richiedono, da parte dello spettatore, grande comprensione, per tentare di dare un senso narrativo, per creare a posteriori la sceneggiatura del film.
“No, non lavoro su una sceneggiatura definita a priori cerco di lavorare su delle immagini iniziali su cui ci costruisco intorno una storia. Non riesco a lavorare in "astratto", ho bisogno di partire da immagini "concrete" su cui poi ricavare una storia. Analogamente nei lavori teatrali a cui ho lavorato cerco di partire senza una sceneggiatura definita in tutti i dettagli, almeno inizialmente. Parto da un'immagine centrale a cui si aggiunge un prima e un dopo.”
William Kentridge
Kentridge esplora il modo in cui la coscienza si forma attraverso il mutarsi delle nostre concezioni della storia e dei luoghi, e osserva come costruiamo queste storie e che cosa facciamo di esse. Propone una visione della vita come un processo in continuo cambiamento piuttosto che come un mondo controllato dai fatti.
Tutta la sua opera la considero come un flusso di coscienza tradotto per immagini, dove storia ed esperienze di vita vissuta si mescolano e danno vita a narrazioni che si riferiscono non solo a chi ha fatto parte di quella storia, ma si riferisce ad ognuno mettendolo in relazione con la propria storia e la propria coscienza.
Trovo le sue animazioni davvero entusiasmanti, che sanno evocare forti emozioni e che trasmettono tutta quell’inquietudine che ci appartiene attraverso ogni segno o cancellatura.
Osservando il suo lavoro ho trovato molte analogie con il mio percorso artistico e, soprattutto, sono veramente rimasto stupito, ancora una volta, dal disegno e dalle sue potenzialità, di quanto un segno di grafite o qualsiasi altra cosa sappia evocare e trasmettere riuscendo a scuotere e a volte commuovere più di ogni altro mezzo.
Sono davvero molto contento di essermi “imbattuto” nel lavoro di questo artista che sicuramente, d’ora in poi seguirò con molto interesse

Fabrizio Cotognini:Videoscultura

presto riusciro a pubblicarlo il post scusate

Jacopo Pannocchia

Appunti di lavoro


Ogni conoscenza del mondo interno è derivata dalla nostra conoscenza, dei fatti esterni e che questo processo di pensiero non può avvenire se non tramite i segni, essi rinviano a qualcos'altro in virtù di una codificazione di un processo logico o di una connessione naturale.

Il mio lavoro prende spunto dal passato ,quel passato che appartiene al periodo bizantino-medioevale, leggendolo anche con un ottica alchemica.
Infatti la mia ricerca parte proprio dal gotico ,dagli sguardi, dal suo sapore prettamente "dark", dagli occhi bizantini e dal periodo sacro medioevale fantastico.
C'è anche uno studio sui simboli ed i loro significati degli emblemi alchemici e mistici dove è presente una concezione iconico-simbolica che conferisce loro lo statuto del mistico silenzio:essi infatti non vanno né letti né pronunciati, ma bensi vanno osservati e contemplati.
Lo sviluppo dei miei primi lavori , possiede quello che io chiamo un linguaggio muto, da comprendere con la mente attraverso le rappresentazioni delle cose, non da enunciarsi attraverso il suono della voce o la combinazione delle lettere.
In altri termini senza scrittura né parola, agisce solo la muta operazione immaginale , ineffabile, che contempla il concetto delle cose attraverso la loro forma essenziale.
La ricerca che ho svolto, strizza un occhio a tutte le illustrazioni del 1.500 analizzando le xilografie e le incisioni , soprattutto quelle ignote.
Ed è proprio da queste incisioni che si sviluppano i miei lavori, accompagnati, si da tutto il mondo del passato , ma INCISI.;incisi con una lametta , come l'azione di un chiodo, come una testimonianza scalfita nel tempo.


Perché l'incisione?
Io utilizzo questa tecnica proprio perché si compie il gesto del graffio, dello scavare, lo definisco un gesto scultoreo su una superficie rigida come lo zinco o il metacrilato che a tutti i costi deve essere scalfita con ripetuta ossessione, maniacalità, come un marchio , come un tatuaggio realizzato su una nuova epidermide.
Intervengo nel metacrilato perchè è figlio di una nuova alchimia, attuale, composta da coloranti, estratta dal petrolio, frutto di una società tecnologica a me contemporanea, plastica e fredda,una materia di per sè totalmente priva di poesia, che tramite la sua lucidità e opacità , cattura la vita dello spettatore che vi trascorre sopra per riflesso, in modo da vedere la propria esistenza riflettersi attorno, superfici e spazi che vanno ad essere di supporto al mio SEGNO-AZIONE.

La chiamo Arte Breve.

Un segno, che non va a cercare la verità definitiva , ma bensi è sostenuta dal dubbio, una sorta di "dubbio psicotico"che cerca l'essenzialità di segno e di linguaggio.

Nulla deve essere di troppo.

Nulla deve essere decorativo.

Tutto va fatto

Un segno fatto dal dubbio, incisivo, che persegue la bellezza dell'essenzialità, dove il segno perfetto è quello dell'origine.

Un segno che non ci parla di una bellezza che gli antichi intendevano per tutto ciò che piace e crea ammirazione, che attrae lo sguardo, in questo segno non c'è decorazione, ma c'è la bellezza che ci da la sua forma spirituale cosi come è, ESSENZIALE.

Una qualità dell'anima che coincide con quella del corpo.

Una bellezza spirituale dubbiosa ma incisa, un segno dannato, che ci restituisce quella belleza che apparteneva ai greci di tipo pederastico, della figura androgina, una bellezza esaltatrice dell'ambiguità: uomini che amano a stare con uomini, le donne che hanno propensione per le donne.
Pertanto il mio linguaggio diventa segno, un segno che tramite il suo dubbio-psicotico ci indica un "eros asessuato ed ambiguo", dove il "kalos" e "l'agathos" vengono sublimati in un'unica alchimia perenne, trasportati da questo segno, mutano l'epidermide del dubbio, diventano insidiosi e vanno a caccia di bellezza esterna , portando la loro origine verso un malinconico Saturno ubriaco e affamato di giovanetti in fiore .

DESCRIZIONE DEI LAVORI SVOLTI

1-Divano tomba

questo lavoro nasce semplicemente come schizzo. Ho realizzato tre disegni con la tecnica del collage ed inchiostro su carta. La tematica di questo lavoro è quello di dare ad una poltrona il significato di tomba, precisamente di sprofondamento.
Nel lavoro ho inserito la foto di una poltrona senza seduta , dove sono disegnate delle ossa appoggiate all'interno della seduta che simboleggiano l'ultima traccia terrena dei morti dopo che la carne è diventata polvere. Rappresentano ossa secolari. eterne.
Sopra le ossa ho disegnato una testa che dorme

.E' il DORMIENTE.

Il morto che non muore ma dorme in uno stato di putrefazione, in un sonno-psicotico, aspettando invano il suono delle trombe sepolcrali della ricomposizione.
Dietro la poltrona sorge un simbolo, l'oroborus, che simboleggia la ciclicità del sonno, in attesa di un ritorno.
Una poltrona aspettando l'apocalisse.

2-Lapidi

E' un lavoro realizzato con il metacrilato, e sono sette lapidi alte 78 cm , larghe 38 cm e spesse 5mm, inserite su un parallelepipedo di legno poggiato a terra alto 5 cm, lungo38 cm, profondo 10 cm.
Sopra a queste lapidi di metacrilato, ho realizzato dei disegni con la tecnica dell'incisione a mano.
Finita la fase dell'icisione, i disegni sono stati inchiostrati di nero.
Per questo lavoro la mia ricerca si è indirizzata nell'arte greca, soprattutto nei dipinti come "la tomba del tuffatore" o "il giovane corridore".
Ho utilizzato il metacrilato per questo lavoro, per sfruttare la sua trasparenza, in modo che le figure incise rimanessero sospese. Infatti la tematica di questo lavoro è il trapasso. Ci sono delle figure che cadono nel vuoto,nel nulla, dato appunto dalla trasparenza del supporto.
Questo lavoro esalta pienamente il concetto del dubbio, io le chiamerei lapidi laiche, dove questo trapasso non rimarrà nel nulla, ma verrà dissoluto ritornando ai principi della materia.

3-Red Works

Disegni incisi su metacrilato rosso.

ROSSO, OPACO,PLASTICO.

Qui ho estrapolato e ribaltato tutti i concetti sacrali del clero bizantino- medioevale e contemporaneo, e li ho incisi su questi supporti da 120cm per 122 cm, 140 cm per 122cm.
Ho usato questi grandi supporti per dare valore all'essenzialità del segno ed al concetto. Tutto è emblematico, sintetico, il dubbio momentaneamente è in silenzio. Tutto è crudo.
Una figura che è molto presente , è la figura dell'agnello che sta a simboleggiare la caducità, il sacrificio , come Isacco, la fanciullezza, ma anche la contemporaneità di sgradevoli episodi di pedofilia avvenuti nell'istituzione ecclesiastica.
In questo lavoro la figura dell 'agnello viene eroticizzata , straziata, stuprata, diventa ossessiva, maniacale, c'è una bellezza greca pederastica, incisa ed inchiostrata di nero, su questo supporto di metacrilato rosso lucido che potrebbe essere il sangue espiatore (di Cristo), dove noi veniamo riflessi dentro una sorta di "PORNOINFERNO CATTOLICO" dove la vittima è la caducità.

Jacopo Pannocchia

Maria Grazia Cortellino

1 Gli uomini hanno idee:

le idee sono come galassie di piccole intuizioni e sono una cosa confusa che si modificano in continuazione sostanzialmente inutilizzabili ai fini pratici. Sono belle ma sono un casino. Le idee allo stato puro sono un meraviglioso casino sono apparizioni provvisorie di infinito. Le idee chiare e distinte sono una truffa, le idee sono oscure per definizione, se hai un'idea chiara, quella non è un'idea.


2 Gli uomini esprimono idee:


quando esprimi un'idea le dai un ordine che essa in origine non possiede. In qualche modo le davi dare una forma coerente sintetica e comprensibile agli altri. Finché ti limiti a pensarla, essa può rimanere il meraviglioso casino che è. Ma quando decidi di esprimerla inizi a scartare qualcosa. A riassumerla in un'altra parte, a semplificare questo a tagliare quello, a ordinare il tutto dandogli una certa logica: ci lavori un po', e alla fine hai qualcosa che la gente può capire. Un 'idea chiara e distinta. Gli uomini esprimono delle idee ma non sono più idee, sono detriti di idee organizzate magistralmente fino a diventare oggetti solidissimi, macchine da guerra, meccanismi perfetti. Sono idee artificiali, hanno giusto una parentela con quel meraviglioso e infinito casino da cui tutto era iniziato, ma è una parentela quasi impercettibile, come un lontano profumo. In realtà è tutta plastica, roba artificiale, nessun rapporto con la
verità, solo marchingegni per fare bella figura con il pubblico.


3 Gli uomini esprimono idee che non sono le loro:


gli uomini esprimono idee che non sono più loro. Lo erano. Ma molto rapidamente gli scappano di mano e diventano creature artificiali che si sviluppano in modo quasi autonomo, e hanno un solo obbiettivo: sopravvivere. L'uomo presta loro la sua intelligenza ed esse la usano per diventare sempre più solide e precise. In un certo senso, l'intelligenza lavora costantemente per dissipare il meraviglioso caos delle idee originarie e sostituirlo con l'inossidabile compiutezza di idee artificiali. Erano apparizioni: adesso sono oggetti che l'uomo impugna, e conosce alla perfezione, ma non saprebbe dire dove vengano e in definitiva che diavolo di rapporti abbiamo con la verità. In un certo senso non gliene frega nemmeno più di tanto. Funzionano, resistono alle aggressioni, riescono a scardinare le idee altrui, non si rompono quasi mai: perché farsi tante domande? L'uomo le guarda, scopre il piacere d'impugnarle, di usarle, di vederle in azione.
Prima o poi, è inevitabile, impara che le si può usare per combattere. Non ci aveva mai pensato, prima. Erano apparizioni aveva giusto pensato di farle vedere agli altri. Erano delle apparizione e l'uomo le ha fatte diventare delle armi.


4 Le idee, una volta espresse e dunque sottoposte alla pressione di un pubblico, diventano degli oggetti artificiali privi di un reale rapporto con la loro origine. Gli uomini le affinano con tale ingegno da renderle micidiali. Col tempo scoprono di poterle usare come armi. Non ci pensano su un attimo e sparano:


sulla carta è talmente bello, unico irripetibile il rapporto con la verità e quella magia delle idee, magnifiche apparizioni di confuso infinito nella tua mente. Come è possibile che tutti scelgano di rinunciare a tutto questo di rinnegarlo, e accettino di armeggiare con piccole e insignificanti idee artificiali piccole meraviglie d'ingegneria intellettuale, alla fine gingilli, capolavori di retorica e acrobazie logiche, ma gingilli, tutto questo solo per il gusto di combattere. Non riuscivo a crederci, pensavo ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che mi sfuggiva e invece, ho dovuto ammettere che era tutto molto semplice e perfino comprensibile, se solo ci si avvicinava alla faccenda, proprio da vicino anche se ti fa schifo, prova a vederla da vicino. Prendi uno che ci campa con le idee, un professionista uno studioso di qualcosa avrà iniziato per passione, sicuramente avrà iniziato perché aveva talento, era uno di quelli che hanno apparizioni di
infinito, possiamo immaginare che le aveva avute da giovane, e che ne era rimasto fulminato. Avrò provato a scriverle, prima magari ne avrà parlato con qualcuno, poi un giorno avrà pensato che era in grado di scriverle, e si sarà messo lì, con tutta la buona volontà e le avrà scritte, ben sapendo che sarebbe riusciuto solo ad appuntare una minima parte di quell'infinito che aveva in testa, ma pensando che avrebbe avuto tempo di approfondire il discorso,di spiegarsi meglio, di raccontare poi tutto per bene. Scrive e la gente legge.


5 Gli uomini usano le idee come armi e se ne allontano per sempre:


alla fine ho capito che per quanto posssa essere osceno il mondo con cui gli uomini abbandonano la verità dedicantosi alla maniacale cura delle idee artificiali con cui sbranarsi a vicenda, per quanto mi faccia schifo qualsiasi cosa che puzza di idee,e per quanto non riesca più a vomitare di fronte alla quotidiana esibizione di questa lotta primitiva travestita da onestà di ricerca della verità, per quanto sia sconfinato il mio disgusto io devo dire: è giusto così. L'ho capito guardando i migliori da vicino.

Cortellino Maria Grazia

video scultura esame...

ragazzi di scultura , chi di voi ha da fare l'esame con me per video scultura ?

avete scrtto il testo di 1200 parole [ questo e' a parte il testo che vi ho chiesto per l'esame di scultura ..??

abbiamo capito?

invece gli studenti dei altri corsi che hanno video scultura or instalazzioni multi mediali devono scrivere 1500 parole su questo ed presentarlo a me 2 settimane prima dei esami via e mail .
per favore pasate la voce
grazie .
franko



IL RISULTATO DI UNO SCOLARO


Mi trovo a lavorare con molti materiali, lavoro col metallo, che è duro da tagliare. Le mole elettriche fanno sempre una gran paura. Può scappare da una mano e tranciarti l’altra. La pietra invece ti irrobustisce i palmi delle mani. I calli ti desensibilizzano le percezioni tattili ma ti permettono di soffrir meno a lungo a dare.

La pietra è dura.

Tengo d’occhio chiunque si metta a lavorare alle proprie cose, sguardo fisso sulle mani del Beato che riesce ad infrangere la barriera dell’imbarazzo. Toccare l’argilla equivale all’affondare lo sguardo verso qualcosa di immensa bellezza. Tutto può prender forma. Puoi togliere e mettere con la più totale libertà. L’argilla è un ottima matrice per le mani. Quando è fresca riesce a conservare la vitalità propria della terra, prima tra tutte le madri. Nell’argilla c’è l’immediatezza. Posso esprimere in un attimo un pensiero, come in un disegno. Faccio fatica ad abbandonare le tradizionali tecniche di lavoro. È da queste che c’è l’inizio. Non sono solo vecchi mezzi. Sono gli importanti vecchi mezzi.

Spesso penso che non è grave quel “saper fare” senza il troppo ragionare. Questo è un probabile metodo che spesso mi porta ad un nuovo approccio, ad una nuova sicurezza, ad una consapevolezza formale, alla scoperta di un nuovo accostamento di colori o di materiali. Porta ad una riflessione quando quello che si è fatto rispecchia se stessi.


Trovare un oggetto è cosa comune a tutti. Farne qualcosa è conseguenza ovvia. Va bene riporla in un posto e anche portarla appresso.

Ne ho trovato uno che ha prodotto un gioco. Una pietra con su scritto PROPIETA’. Fu buttata da mio nonno in una buca per un errore di R. Allora l’ho affiancata ad un altro oggetto su cui ho scritto PROPRIETA’. La parola scritta ribadisce la sua essenza. R l’ho spostata nel terzo blocco e la scritta ha un rinnovato peso. PROPIETRA. Questo inganna a chi legge con la fretta. Ma a chi è attento a quello che è scritto riconosce ch’è successo. Solo un gioco in cui la parola lentamente s’è fatta materia. Pro-pietà è stato il pretesto, l’innesco. Proprietà è la caratteristica di un ènte. L’essenza, “ciò per cui una cosa è quello che è, e nessun’altra cosa” Pro-pietra è la stessa cosa sia nella parola che nell’oggetto stesso. E tutto questo è un gioco.

Ci son lavori che invece sono tanto ragionati e studiati. Ne ho fatto uno che fa paura! È una trappola per volpi, stacca teste e rompi ossa.
L’ho messa a terra, con uno specchio e foglie tutt’intorno. Son di quel bosco che non è altro che la mia casa, calda e chiusa. Ma dov’è la paura? È nell’oggetto che ho sostato in una stanza o nella faccia che impressiona ogni istanza?
Fa paura, non so perché ma fa paura. È la mia faccia che fa paura. Il riflesso di una vita che vien vista dal rovescio, quando la si gira viene fuori tutto il vero. È quello che fa paura.

Ho voluto una grande donna. Una donna cosi vuol dirmi qualche cosa. Lei è femminile e antica, lei è madre. Lei è quel che è. Donna. Null’altro. Io l’ho voluta dopo un viaggio Ma questa donna aspetta altro tempo e altro impegno.

Non sempre ho un’idea già ben chiara in mente, ma la spinta emotiva mi da quel LA che almeno mi fa partire. L’importante è che ci sia stata questa spinta che è l’inizio di un lavoro.

Mi interessa quando ci sono degli estremi che trovano un accordo, un dialogo che mi dica che non è una legge stare sempre con gli uguali. L’ho provato con le pietre e con il ferro, con il legno e con il vetro, con parole e con altre pietre. Con il bianco ed il nero. In pittura. Con un uomo ed una donna che sono ricerca dell’opposto che manda avanti il mondo. È la base di quel nuovo che è l’inizio, ed è anche “insieme”. I due diventano un solo corpo.

Questi son pensieri. Noi artisti siamo chiamati a tradurre questo e quello con i mezzi che ci sono. Io SCOLPISCO, MODELLO E ASSEMBLO, DIPINGO E DISEGNO... ma improvviso quando perdo il segno…

-Sassolino-

800 parole

Naturalmente, i lavori di quest'anno sono un proseguo del percorso che porto avanti ormai da 4 o 5 anni. Un lavoro che ruota principalmente intorno alla figura femminile, isolata nello spazio, libera da punti di vista obbligati e vicina ad essere il corrispettivo più immediato del mio corpo, senza esserne però un autoritratto.
Realizzando principalmente figure di donna, una cosa fondamentale per me, è la posa che assume il personaggio; io la chiamo “posa emozionale”, perchè l'emozione è spesso il vero soggetto dei miei lavori, che cerco di far scaturire, appunto, dall'atteggiamento, dalla postura e dai simboli che gli affianco.

Sono sempre stata titubante di fronte al cambiamento, all'inserimento del colore e di altri materiali, sicura che quello che stavo facendo fosse “giusto” e il massimo che potevo; quest'anno invece, travolta dagli eventi e dalle novità, mi sono concessa piccole sperimentazioni, minime trasformazioni che mi hanno mostrato le mie sculture in maniera diversa, senza però stravolgere il “filo del discorso”.
Ecco quindi apparire del colore, la ricerca della massa, il filo di cotone piuttosto che l'abituale fil di ferro, ecco l'aggiunta di elementi altri, ed ecco il disegno; per accorgersi che, facendo un piccolo cambiamento o tentando un nuovo approccio, si aprono diverse prospettive che spingono a guardare ancora oltre, in un crescendo di sperimentazione.

Nel lavoro sull'Oggetto Trovato, ho cercato di arrivare alla massa, di realizzare una scultura che fosse pesante, piuttosto che leggera, in cui ci fossero dei pieni evidenti, piuttosto che vuoti. Ho tentato di fare questo utilizzando il tondino, che per me è sempre stato l'elemento base, di partenza, ma invece di piegarlo a creare un contorno, l'ho usato per costruire superfici e volumi, riuscendo a generare dei gomitoli di ferro. Sono questi gomitoli a comporre il corpo di una donna, è in essi che viene “scritta” la sua memoria. Avrei potuto fare di meglio.

Per il tema della Paura ho realizzato un cuore. Soggetto a cui ultimamente mi sto legando molto. Francesca Alfano Miglietti è riuscita a capire benissimo che c'era un discorso dietro quel lavoro, ma che lo avevo talmente tanto nascosto da non renderlo leggibile a nessuno, ed è verissimo. Il tutto non è stato determinato a priori, ma credo di aver cercato di affrontare un argomento di cui non ero pronta a parlare e, credo che si veda benissimo.
Di recente ho rivisto quel lavoro e pensato ad una revisione.
A livello tecnico mi sono divertita ad utilizzare materiali trovati in giro, scarti del laboratorio, pezzi di ferro qualsiasi, a creare un cuore violento, pesante, duro e tagliente. Quindi non la levigatezza e la compostezza di forme sinuose, ma spazio alla ruggine, al segno del tempo e alla decomposizione. Tra l'altro, ho avuto modo di cogliere il ruolo fondamentale che può giocare l'elemento ruggine nella lavorazione del ferro, contro di essa prima combattevo ostinatamente. Ho deciso di lasciarla stare, di far vivere alle sculture una propria vita: nascono, si invecchiano e muoiono, ma almeno restano autentiche, anche se per “poco” tempo, e non patinate o rese “finte” da finiture troppo artificiali che ne cambiano la pelle.

“molto più difficile esaurire le possibilità espressive di un oggetto consumato, che sostituirlo del tutto con uno nuovo”.

Poi ho trasformato il filo di ferro, che fino a qui usavo come tratteggio per creare superfici e non-vuoti, in filo di cotone; così ha acquistato un ruolo differente. Il filo in sé, contiene una miriade di significati: è legato al tessuto e alla tessitura, al ruolo e alla storia della donna nella società; è intreccio di storie, di persone, di avvenimenti, è evocativo di un universo intimo, è “copertura”, vestizione, e con l'aggiunta del colore può legarsi a molte altre sfere di significato.
L'ho usato in “Costantino”, (lavoro monolitico e non-figurativo), blu e verde, accostato ad una forma in marmo bianco; e in “Rossa Routine”, in cui sono tornata al mio linguaggio tradizionale: una donna, con dei lunghi capelli, rossi, appunto, che sta lì in piedi, trattenuta, in quella posizione scomoda da un passato troppo sentito, che gli impedisce di camminare, e che non la fa avvicinare a nulla.

Ho sempre avuto molta difficoltà con la pittura e il disegno, che usavo principalmente al fine di realizzare studi per la scultura, mentre, quest'anno sono riuscita a familiarizzare con pennino e china tanto da esprimermi serenamente con essi, come nella scultura.

Gloria Cervigni

Fabiola Napoli

"Sorgente D'Infinito"

Il Mio Infinito
Dal mare, che rappresenta la dinamica della vita, tutto parte e tutto vi ritorna: simbolo di nascita, di trasformazione e di rinascita, acqua in continuo movimento, il mare rappresenta simbolicamente uno stato transitorio fra le possibilità ancora da realizzare e le realtà già realizzate, una situazione di ambivalenza che è quella dell’incertezza. Del dubbio, dell’indecisione e che può concludersi bene o male.L’acqua viva, l’acqua di vita si presenta come un simbolo cosmogonico; poiché purifica, guarisce, ringiovanisce, essa introduce all’eternità. I significati simbolici dell’acqua contengono tre temi fondamentali: sorgente di vita, mezzo di purificazione, elemento di rigenerazione. L’Acqua è origine di ogni forma di vita. Sul piano fisico è simbolo universale di fecondità e fertilità. Nella tradizione, l’acqua simboleggia innanzitutto l’origine della creazione; tuttavia questa rappresenta anche un’ambivalenza totale e a tutti i livelli: è fonte di vita e fonte di morte, creatrice e distruttrice. Nella mia opera, “Sorgente d’infinito” il mare (infinito) è il motore generatore che a sua volta crea una nuova forma d’infinito. Ne deriva l’Uovo emerso (sorgente) che si eleva simboleggiando l’inizio di Tutto. Universalmente l’uovo è considerato come contenete il germe a partire dal quale si manifesterà la vita e rappresenta l’unità del Tutto, il mito della Creazione. Molti popoli antichi, tra cui Celti, Greci, Egizi e Tibetani pensavano che il mondo fosse uscito da un Uovo Cosmico, nato dalle acque primordiali: lì. In quella forma perfetta, si sviluppava la vita, manifestandosi nel mondo che conosciamo. L’uovo succede in generale al Caos; non è mai assolutamente primo, ma rappresenta il germe delle prime differenzazioni. L’uovo cosmico e primordiale è uno, ma esso racchiude, ad un tempo, cielo e terra, le acque inferiori e le acque superiori; nella sua totalità unica sottintende le molteplici possibilità. L’”Uovo di fuoco” da me rappresentato in “Sorgente d’infinito” è quindi l’origine, l’inizio del ciclo infinito di nascita e di morte, reso tale dalla combinazione dei due elementi primordiali: L’Acqua e il Fuoco. Il mare e l’uovo sono racchiusi in un triangolo isoscele, rettangolo al vertice, a rappresentare nella stessa forma, i rispettivi simboli alchemici dell’Acqua (triangolo rettangolo) e del Fuoco (triangolo isoscele); inoltre, l’elemento femminile rappresentato dall’acqua, si lega con quello maschile, insito nel triangolo con la punta verso l’alto.
Fabiola Napoli


Cingolani Marco




800 parole
Cingolani marco 2009/2010

Questo ultimo anno ha portato con se numerosi cambiamenti nel mio modo di fare scultura.
Non parlo di cambiamenti radicali, grandi stravolgimenti o bruschi cambi di “maniera”, ma di piccoli cambiamenti avvenuti da una crescita sia professionale che personale, un’evolversi continuo che cambia con il tempo e con le esperienze vissute. Piccoli accorgimenti, un evoluzione lenta e lineare, che procede passo dopo passo,che ti porta per nuove strade senza che tu te ne accorga, quasi come se non decidessi niente, proprio come quando si è in cammino per una strada, concentrati sui nostri passi e non ci accorgiamo che il suolo sotto i nostri piedi è cambiato e stiamo già da un’altra parte.
Fondamentalmente, credo sia stato, più di ogni altra cosa, un anno di crescita, un periodo in cui ho iniziato ad osservare e confrontare il lavoro da punti di vista differenti, un periodo in cui ho preso coscienza di alcuni aspetti che prima consideravo diversamente, forse superficialmente.
Gli ultimi lavori sono sempre molto coerenti con tutto il mio percorso artistico precedente.
Al centro di ognuno ci sono sempre la figura, il groviglio, il disegno, il forte contrasto tra sfondo e soggetto, la luce e l’ombra; ma tutto messo insieme secondo una diversa logica, secondo diversi criteri che mi portano a considerare tutto il contesto in cui è presente l’opera non più come uno spazio in cui dare visibilità all’opera, ma come parte integrante di essa.
Da sempre ho cercato di trovare delle collocazioni soddisfacenti per le mie sculture e ogni volta mi accorgevo che avevo bisogno di creare un contesto particolare, di far in modo che l’ambiente intorno non condizionasse troppo la lettura dell’opera. A volte nell’esposizione anche la presenza dell’osservatore toglieva spazio alla figura, e quindi mi sono reso conto che la soluzione poteva essere quella di creare dei box, dei contenitori, delle stanze adatte a creare il contesto dell’opera diventando anch’essi parte dell’opera stessa. In questo modo, il poter controllare lo spazio che avvolge l’opera, determinare il punto di vista dell’osservatore, scegliere il tipo di luce e di illuminazione, ha fatto si che i miei materiali da plasmare ora , oltre al ferro siano, lo spazio e la luce.
Credo che questi elementi siano fondamentali per qualsiasi opera. Sono strumenti che possono cambiare completamente il significato ed il modo di leggere un’opera. I lavori di questo ultimo periodo, si differenziano da quelli precedenti, principalmente da questa esigenza di dover creare la giusta ambientazione al pezzo scultoreo che sembra aver perso quella pesantezza e quella concretezza dei vecchi lavori, per esser diventato molto più leggero come fosse un disegno. Molto importante, infatti, è il continuo riferimento al disegno che nell’ultimo periodo si è accentuato notevolmente e anche quando non si tratta di vero e proprio disegno su di una superficie bidimensionale, ogni filo è pensato e visto come un segno grafico nello spazio.

mostra al terminal

Fabrizio Cotognini


scrivere 800 parole.......non è stato molto facile per me.
mi viene in mente una frase "da dove cominciare....",comincierò proprio dalla mia esperienza artistica.E' stato un anno molto intenso per me e per il mio lavoro,partendo dal principio quando tutto si era infuocato,sia con amici che con insegnanti, per divergenze,punti di vista e prese di posizione.A volte quest'anno è stato amaro e dolce.Dolce quando ho avuto la possibilità di confrontarmi negli spazi e nelle mostre, confrontarmi nelle idee e con le persone cosa che per me è stata sempre molto difficile.A volte amaro quando non sono riuscito ad entrare in contatto con alcuni,o quando ho avuto problemi legati al lavoro.
L'esperienza legata a questo anno all'interno di questo percorso per me è stata molto forte non solo dal punto di vista del mio lavoro,ma anche sotto il punto di vista della ricerca e dello studio soprattutto di alcuni artisti che mi hanno totalmente cambiato il pensiero e il modo di lavorare anche se a piccoli passi.
Arrivato alla fine di questo anno e di questo percorso mi sento di dire che sono soddisfatto di aver lottato per tutto quello in cui credevo,perche' proprio questa determinazione mi ha fatto crescere sotto il punto di vista artistico.Da circa 4 anni ho deciso di dirigere il mio lavoro verso un percorso molto lento ed insidioso un percorso fatto di strati proprio come i miei lavori,e questa decisione non poche volte mi ha mandato in crisi quando mi sono trovato magari a lavorare per 27 mesi per realizzare un libretto che sembra cosi' piccolo.....cosi' facile,e invece pochi immaginano quante volte puoi affondare perdere la rotta in un viaggio cosi' lungo.
Credo che questi esercizi che mi furono consigliati anni fa hanno dato un valore fortissimo al mio lavoro,ed ora proprio questa riflessione che io avevo visto come follia è proprio la linea guida del mio lavoro.Il Tempo.....
Per quanto riguarda i lavori che ho eseguito durante quest'anno sono stati molto legati alla ricerca e soprattutto alla scoperta del mondo animale e floreale e delle loro metafore che a me piace chiamere "mondi".Tutto questo lavoro è partito come una sfida fare un libro sul pettirosso,che dopo un certo punto diviene passiflora e quindi due icone molto forti della cultura cristiana cattolica e non solo,la cosa molto bella è che spesso studiando ti accorgi dell'ambivalenza di certe figure che stai adottando.E magari il mio lavoro per un periodo si prende gioco della figura stessa facendo dell'ambivalenza una parte importante del lavoro.Un lavoro che e' in costante evoluzione,ma non un evoluzione esplosiva ma un crescere lento proprio come una motuzione .Da pettirosso a passiflora,da passiflora a cavallette,evoluzione stilistiche che fanno parte del processo evolutivo che il mio lavoro ha subito quest'anno.
Non ho quasi mai utilizzato nulla di "tridimensionale" o meglio fin'ora non ho ancora utilizzato nulla al di fuori dell'oggetto trovato che era una vecchia uccelliera riproposta e ridisegnata come una macchina improbabile.
Credo fermamente che nel mio lavoro ce molta "scultura",nei materiali e nella progettazione e anche nell'oggetto finito che spesso si presenta sotto forma di libro-d'artista.a questo proposito mi colpisce una frase :


CARL ANDRE
Per quanto riguarda la fine di tutto quest'anno sono rimasto molto soddisfatto del mio percorso e di tutto cio' a cui sono andato incontro,avendo avuto la possibilità di mostrare i miei lavori in contesti importanti anche internazionali,e aver raggiunto una maturità di lavoro tale da poter reggere bene anche in contesti che non mi sarei mai aspettato neanche di vedere.Questo mi rende felice del mio percorso e di tutti gli esercizi,gli sforzi e le guerre che ho combattuto.
voglio chiudere con una frase che ho letto che mi è piaciuta moltissimo.come direbbe FAM un regalo.


Christian Boltanski

Chiudo le mie 800 parole e spero che siano tutte ringraziando tutti e davvero tutti sono passati nella strada che sto percorrendo,non sarebbe stata la stessa cosa se fosse mancata anche soltanto una persona.
grazie fabrizio

Lidia Mateu Bello

La vita e lo scorrere del tempo
Perchè le ore, i minuti e i secondi scorrono imperterriti verso il proprio inesorabile destino?
Lo scorrere del tempo e i semi che piantammo in ognuna delle tappe della nostra vita ci motivano, ci rendono felici ed infelici, ci fanno dubitare, amare e odiare, temere e sospettare per poi in un baleno recuperare la fiducia persa; cadiamo mille volte, e mille volte ci rialziamo miracolosamente, anche se con la sola forza sufficiente per andare avanti.
La sfida infatti non sta nell' accettare che il tempo passi, ma vederlo come un potenziale di realizzazione, e smettere di considerarlo come un nemico, bensí un alleato che segna il passo delle nostre vittorie e delle nostre sconfitte.
Lasciarsi trasportare, risulta a volte, tanto benefico, quanto doloroso, a seconda delle sfide che affrontiamo, e talvolta pur sentendoci vinti ci ostiniamo sul nostro cammino che é fatto di ostacoli e soddisfazioni, sorrisi e lacrime, luci ed ombre, principio e fine, perché é proprio nella dualitá che si cela la nostra autenticitá, introducendoci in un universo fisico e mentale dove anche l'astratto puó divenire realtá.
In ogni tappa della nostra vita ci mettiamo alla prova, imparando prima a riconoscere gli ostacoli, e mano a mano che essi si presentano, a superarli, cosí come ci é stato insegnato, educhiamo a nostra volta i nostri figli affinché essi educhino i propri, in un ciclo potenzialmente infinito.
Le tappe della nostra vita.
La prima é la nascita. Una volta al mondo, nascono con noi dolore e allegria, e amore per i nostri genitori, che danno tutto quello che possono, desiderando solo il meglio per noi, e crescendo cerchiamo di restituire tutto quello che ci hanno dato.
Quando passiamo dall'infanzia all'adolescienza, contiamo sul loro affetto e spesso pur essendo giá smisurato questo non ci basta. Poi peró seguendo con gli anni, cominciamo ad assumerci responsabilitá e di colpo le loro attenzioni si convertono in ulteriori doveri che pur proposti per il nostro bene recepiamo come obblighi che ci allontanano da loro introducendoci in una lotta all'indipendenza che ci pone in un costante paradossale contrasto, che in realtá non fa altro che rivelare la nostra immaturitá residua, completando la "prima fase dell'essere"
Nella "seconda fase dell'essere" , dopo anni di conflitti, passati a distruggere l'autoritá che i nostri genitori rappresentavono, e che li rendeva forti, incapaci di sentire dolore, invinciblili,
si comincia a vederli nella loro reale forma che é in definitiva come la nostra, cioé di comuni esseri umani, che soffrono, che hanno paure, dubbi , per poi seguendo nel corso degli anni, e vederli deboli, fragili ed infine morenti.
Cosí via, finché noi , a nostra volta, avremmo seguito lo stesso destino, completando cosí la "terza fase dell'essere" che per quanto questo possa sembrare desolante e triste, in realtá è naturale e vera, e qualsiasi evento che stravolga questo ciclo conduce ad una realtá ancora piú triste.


Opere
Le mie opere sono basate su queste tematiche in quanto ho tratto ispirazione dalla vita quotidiana, sui fenomeni che regolano i rapp orti, cosí come sui frainteindimenti, cercando di cogliere gli aspetti piú salienti che maggiormente hanno influenzato il mio stesso sviluppo.
La prima opera é relativa alla "prima fase dell'essere" in cui la vita incomincia a prendere forma, ed é proprio in questo momento, il piú delicato, in cui nostra madre ci protegge con quella fermezza che io ho voluto rappresentare con la pietra, tanto resistente, qunto calda, e naturale, caratteristiche che sono allo stesso modo riconduciblili al legno, che per questo ho utilizzato come base dell'opera.
La seconda opera si basa su una caduta che ho subito durante l'infanzia, e che si manifesta ancora sotto formadi paura all'altezza impedendomi di fare diverse cose relazionate ad essa.
Nonostante in realtá questa non possa essere considerata come una tappa effettiva della vità in parte per me lo, é in quanto continua ad influenzare ancora alcuni miei comportamenti e di conseguanza alcune esperienze.
L'opera infatti é costituita da argilla, allo scopo di rappresentare il terreno, plasmato in una scala che rende l'idea dell'altezza, aggravata dalla plastica trasparente che permettendo di vedere il fonfo ne esalta l'intensitá.

La terza opera consiste in un progetto che desidero realizzare nel prossimo periodo, e che comunque é giá definito sia in linea teorica ma anche in bozze e schizzi.
Questa infatti si propone di realizzare lo scorrere del tempo che in forma figurativa maglio si rappresenta con i piedi , su cui in definitiva si scarica tutto il peso del cammino dell nostra vita.
Questo infatti e fatto di sabbia, su cui poggiano tanti piedi qunti sono i miei anni e fatti di materiali diversi a seconda delle diverse fasi, esperienze, sensazioni che hanno caratterizzato ogni singolo anno della mia esistenza, e questo cammino proseguirá in forma di impronte sulla sabbia dei miei stessi passi non ancora compiuti, e che gradualmente svaniranno senza lasciare alcuna traccia del mio passaggio e lasciando spazio ad una clessidra rotta a simboleggiare la fine del mio tempo.


Lidia Mateu Bello
2009-2010

MASSIMINI ENNIO

Nell'arco dell'anno il percorso artistico ha seguito il precedente andando a sviluppare nuove tecniche e nuovi principi di studio e realizzazione ,attenendo la ricerca sempre sul campo del gioiello scultura elaborato nuovamente attraverso tecniche contemporanee dopo aver analizzato artisti che seguono e hanno seguito lo stesso campo di ricerca.
I temi intrapresi nel lavoro finale sono diversi incorporati in essi troviamo anche lo studio sul riciclo che nei giorni è molto importante , concetti del contemporaneo " dalla musica alla scultura" " dal gioiello al piatto d'arte ( in campo culinario)" ; vado ad illustrare il percorso differenziando ciascun lavoro .
Un opera d'arte nel suo splendore e nella sua bellezza ha alle spalle un' artefice , un' artista , ancor meglio un' AUTORE , che siano loro nel campo delle arti , PITTORI,SCULTORI,MUSICISTI ,POETI ……….. ognuno di loro differenziandosi l'uno dall'altro ha una particolarità propria uno stile proprio. È da questo concetto che nasce l'idea di raggruppare il mio lavoro in tre blocchi essenziali :



"GIOIELLI D'AUTORE" " SCARTI D'AUTORE" "PIATTI D'AUTORE"

………………………………………………………………………………………
"GIOIELLI D'AUTORE": GIOIELLI DEL CONTEMPORANEO SVILUPPATI SEGUENDO LO STUDIO DEL PERIODO CONTEMPORANEO IN RIFERIMENTO AD ALCUNI ARTISTI CHE NE SONO PROTAGONISTI … Il ricercare e studiare il lavoro di altri AUTORI è utile ai fini di capire quali sono i movimenti dell'arte del gioiello scultura nei giorni presenti e perché no futuri ; di questo gruppo presento n° 5 elaborati che rientrano tutti nelle forme di un monile di tendenza e principalmente da indossare come collier , i materiali principalmente usati sono plastica pvc corde arcansite accomunati l'uno con l'altro da colori primari e di luce molto accesa.
"SCARTI D'AUTORE" L'IMPORTANZA E L'USO DEL RICICLO è SEMPRE PIU IMPORTANTE OGGI , MOLTI ARTISTI ISPIRATI DAL RICICLO INTESO COME RIUSO MA ANCHE USO DI OGGETTI IN MODO DIVERSO . ELABORATO IL LORO LAVORO NE HO PRESO SPUNTO PER REALIZZARE DEI GIOIELLI…. Di questo gruppo presento ° 4 elaborati .

"PIATTI D'AUTORE" LA CUCINA è UNA GRANDE PASSIONE CHE CURO DA DIVERSI ANNI ….. LA STESSA CHE MI HA PORTATO AD APRIRE UN RISTORANTE " IL BORGHETTO PER LA LOCANDA DELL'ARTISTA" DOVE OLTRE AI CLASSICI SI ELABORO NUOVE IDEE E REALIZZO A VOLTE OPERE DI PRESENTAZIONE DEL PIATTO CHE VIENE ANNUNCIATO CRITICATO E POI GUSTATO DAL CLIENTE … PRESENTO IN QUESTA SEZIONE UNA PARTE DEL LAVORO PER RENDERE PARTECIPE SEMPRE PIU PERSONE …. I LAVORI VERRANNO PRESENTATI SECONDO UNA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA CAUSA PROBLEMI PRATICI DI TRASPORTO E MANTENIMENTO IN SEDE DI ESAME VERRA PREPARATO UN SOLO PIATTO CHE IL MIO CAVALLO DI BATTAGLIA DEDICATO A FILIPPO TOMMASO MARINETTI DEL PERIODO FUTURISTA CHE POTRA POI ESSERE GUSTATO DAI PRESENTI .

Molti si chiedono se il mondo del gioiello contemporaneo è riservato a pochi secondo me la risposta è ovviamente sì, ma la vera domanda non è se il mondo del gioiello contemporaneo sia più o meno piccolo , ma se oggi esso risulta soddisfacente al mantenimento e allo sviluppo di questa particolare area lavorativa.

Oggi la società si è trasformata profondamente. Ciò che qualche anno fa ci appariva immutabile, ora non ha più valore o semplicemente non esiste più le cose cambiano e la gente cambia con loro in un periodo di tempo sempre più breve forse dovuto a questa nuova società del "consumo e dell'usa e getta ' cosi contro questo meccanismo ho proposto arte basata e dedicata a pochi con "gioielli d'autore" e a tanti con scarti d'autore.

La domanda scontata che mi sono posto è perché il gioiello contemporaneo è poco conosciuto a mio avviso, l'unica strada che ci porta alla soluzione , dovrebbe essere quella di una reale presa di coscienza e assunzione di responsabilità da parte del nostro settore nell'affrontare le difficoltà incontrate, e insieme farlo presente a tutte quelle istituzioni che hanno il dovere di educare e sostenere la società nel suo sviluppo. Ognuno nelle competenze che sono proprie.
Mi riferisco principalmente al compito delle scuole e delle istituzioni primarie che hanno la responsabilità di creare delle condizioni culturali per lo sviluppo di tutti i settori commerciali che hanno un alto valore aggiunto simbolico che artigianale e di design.
Se non riusciremo ad avere l'appoggio forte e convinto da parte di musei, scuole, organizzazioni governative e anche di associazioni, temo che qualunque sforzo da parte nostra sarà vano.


Andrea Wagner ha scritto ……

"La scelta di qualsiasi tipo di materiale particolare nel mio lavoro corrisponde al tipo di sensazione che voglio trasmettere. La sperimentazione e l'andare oltre i confini conosciuti nell'utilizzo del materiale stesso mi interessa particolarmente."

MASSIMINI ENNIO

Catalina Aparicio Monmeneu

Le Mie Case
(La mia infanzia, le mie radici)

Ho scelto come tema di lavoro di questo anno le case, principalmente per motivi biografici. Lo scorso febbraio, a Madrid, la città in cui sono cresciuta, c'è stata una riforma architettonica della strada, così ho dovuto trasferirmi in un'altra casa. Questo è stato uno dei principali motivi che mi ha portato a pensare cosa significhi per me una casa.

La mia casa non è solo un posto dove abitare, dove tornare ogni giorno, ma per me è anche un scenario, dove ogni angolo mi racconta un' esperienza vissuta, una litigata, una risata, un cambiamento, un profumo, dove ho imparato ogni cosa. Le case hanno segni indelebili, portano in sé le impronte delle persone che l'abitano. Ed è così che anche la mia casa ha dei segni indelebili che sono quelli delle mie esperienze e delle mie "avventure".

La struttura delle case che ho creato, l'ho scelta sulla base di ciò che ho appena raccontato. Le case sono luoghi vissuti, antichi, logorati, l'una diversa dall'altra, per potere assumere la valenza di un posto vissuto dovevano essere creati con materiali naturali, che con il tempo modificassero la loro struttura, il loro profumo e il colore, così da deteriorarsi per poi sparire nel tempo.

L'idea di base con il tempo, altri lavori e altre esperienze, è cambiata diverse volte, ma il significato di fondo è sempre rimasto quello di cercare la mia casa, quel luogo dove sentirmi sicura e protetta dall'esterno.
"Il corpo si muove, quello che temo è che lo segua la testa,
che sempre è stata molto ribelle in questo senso"

All'inizio cercavo un modo per non dimenticare la mia casa, cercando di rappresentarla com'era. Per continuare ad averla ben chiara in testa, ho provato ha ricrearla in qualsiasi forma e in qualsiasi tipo di materiale a mia disposizione, in modo tale che fosse ben presente nella mia nuova vita, in questa nuova casa che mai potrò definire come mia.

"… sono certa che la casa in cui vivo non sarà mai la mia,
anche se ho un posto dove mettere le mie cose, l'idea di casa mia è sparita.
E questo pensiero mi fa sentire la nostalgia del luogo che non esiste più per me e non ritornerà
fino a quando non ne avrò una mia …"

Più tardi, ho ricordato quel posto dove ho imparato a crescere e a cui ho affidato i miei ricordi più importanti. Con il crescere la mia mente, il mio corpo sono mutati e lì nel mio cuore sono rimaste avvinghiate le radici come fossero quelle di un albero secolare, che mi ha dato le basi per continuare a crescere, così da farmi diventare un uccello che spicca il volo dal suo nido per cercarne uno nuovo.
Il pensiero che mi accompagna mentre le mie case "vengono su" è che ciascuno ha bisogno del suo posto come fosse una casa per l'anima, e non come scatola per il corpo. Oliver Marc, architetto francese, sostiene di fatti che l'architettura è tra le prime espressioni artistiche dell'uomo e la casa è la più perfetta espressione di se stessi, e proprio per tale motivo costruire la propria casa significa creare un luogo di pace, di calma e di sicurezza, dove ci si può ritirare dal mondo e sentire battere il proprio cuore; significa creare un luogo dove non si rischia l'aggressione, un luogo in cui l'anima possa riposare. Oltrepassata la porta della nostra dimora, assicuratisi che sia ben chiusa dietro le nostre spalle, è dentro di sé che si entra, o per meglio dire, si entra in contatto con il nostro spirito più lieto.
Questo "spirito" ci ricollega all'unità con il Tutto: " le cose hanno la vita di coloro che le hanno fatte nascere, ma l'anima delle cose attinge a un patrimonio comune che risale alle origini dell'universo, dell'umanità e delle nostre rispettive civiltà."

Ed è così che dopo aver visto molte cose, letto moltissimo e vissuto tante esperienze, e adesso che sto vivendo l'esperienza Erasmus, grazie alla quale ho conosciute altre persone che hanno vissuto esperienze diverse dalle mie, ed hanno la stessa nostalgia che ho io della casa, è nata in me l'idea di mettere assieme tante case, come fosse un paesino mobile da portare con sé, così da non avere nostalgia della propria di casa. Ciò è evoluto in un'altra idea, ovvero creare un paesino con tutte case diverse per poterne scegliere una ogni giorno. Tutto questo mi ha riportato al libro "Le città invisibili" di Calvino (il quale mi aveva ispirato già per un altro lavoro precedente), dove è ben chiaro il pensiero secondo cui ognuno di noi ha un posto da dove partire, uno al quale arrivare e un altro luogo immaginario che speriamo di trovare nella realtà.

La casa riproduce la più completa e antica manifestazione dell'anima, e in quanto tale dovrebbe soddisfare la necessità di esprimere il proprio io e anche proteggere la fragilità dell'essere nel suo divenire. Ed è questo ciò che voglio sia racchiuso nel cuore delle mie case.


Catalina Aparicio Monmeneu

Fabiola Napoli

Dal Sublime al Mio Infinito

"La natura è quindi sublime in quei fenomeni
la cui intuizione implica l'idea della sua inesauribilità"
Immanuel Kant


Quello di Sublime è un concetto che si distingue nettamente dal concetto di bello. Mentre bello è ciò che è armonico, misurato, composto "a regola d'arte", sublime è l'eccessivo, il disordinato, ciò che non è a misura d'uomo ma a sua dismisura, per esempio il vuoto, gli abissi, gli spazi immensi, il silenzio assoluto, l'oscurità, le montagne.. Sono belle, afferma Kant, le aiuole di un giardino, sublimi le alte querce; bello il giorno, sublime la notte. Possiamo distinguere tipi diversi di sublime: il sublime matematico, che nasce dallo sgomento per l'immensamente grande (la serie senza limite dei numeri, il pensiero dell'infinità cosmica o dell'eternità temporale), e il sublime dinamico, che nasce invece dalla contemplazione della potenza della natura che spaventa l'uomo ma allo stesso tempo attrae e affascina. È possibile provare attrazione persino per ciò che è brutto, purché sia "tremendamente brutto" ( i moderni
film horror ne sono un esempio). Il sublime nasce quindi, non dalle qualità dell'oggetto contemplato, ma dalla disposizione d'animo del soggetto. Mentre la bellezza sviluppa un sentimento di semplice piacere (soddisfazione, appagamento), la sublimità provoca un'emozione ambivalente, un "orrore dilettevole", uno stato d'amino in cui al piacere si unisce la paura. Il senso del sublime deriva da un conflitto tra sensibilità e ragione. Ci fa sentire piccoli rispetto all'immensità della natura e indifesi verso la potenza delle sue forze scatenate, ma questo dispiacere dell'immaginazione si accompagna ad un piacere della ragione: lo spettacolo delle montagne più alte e degli strapiombi più scoscesi risveglia nell'uomo il sentimento dell'Infinito, inducendolo a riflessioni sulla propria natura. Di tutte le idee che l'intelletto umano può manipolare l'idea della nostra finitezza è tra quelle che più ci sconcertano. L'uomo,
posto davanti all'infinità, (nella solitudine del deserto scalando le vette più alte, magari solo con l'immaginazione) diventa più filosofo, più consapevole che la sua dignità di essere razionale lo rende libero anche se debole, spiritualmente superiore ad ogni realtà sensibile. L'Infinito non è mai raggiungibile, ma è tuttavia avvicinabile in ciò che tende all'infinità; nelle sue derivazioni può essere l'illimitato, l'incommensurabile, l'immenso, l'interminabile, l'inesauribile, l'eterno, lo smisurato, lo sterminato, l'innumerevole, il trascendente, lo sconfinato, l'indefinito.
Nei miei lavori l'idea dell'Infinito è messa in gioco attraverso l'utilizzo di alcuni simboli. Associato a questo, un altro concetto che spesso ricorre nelle mie opere, è quello del passaggio da una dimensione ad un'altra come ne "L'Abbandono" e "Carpe Diem".

Fabiola Napoli

Giuseppe longo

Video Scultura

Cercare di racchiudere in una sola definizione il concetto di video scultura, risulterebbe un impressa ardua e di difficile esplicazione. Ma si potrebbe maggiormente comprendere il suo ruolo nell'arte contemporanea iniziando a parlare dell'inserimento dell'utilizzo del video nel mondo dell'arte. Già dagli inizi degli anni sessanta, il video entra in contatto con il mondo dell'arte; un nuovo respiro che porterà dietro di se apprezzamenti e denigrazioni, con il solo vantaggio di cambiare una volta per tutte, una tendenza artistica pronta a mutare pelle. Ed è proprio negli anni sessanta/settanta che il modo di fare arte spalanca le porte ad un nuovo medium espressivo; così il video per la prima volta diventa a pieno titolo uno dei principali artefici dell'innovazione del mondo artistico. Siamo nel 1963 quando Nam June Paik affermò che "Come il collage ha rimpiazzato la pittura ad olio ;così il tubo catodico rimpiazzerà la tela" ed io
oserei aggiungere "non solo". Così l'artista coreano nel 1963 allestisce una video installazione dal titolo "Exposition of Music-Electronic Television"; allestisce numerosi televisori facendo notare la possibilità di modulazione dell'oggetto, segnando così un importante impronta per la storia della video arte. Ma un medium espressivo, proprio come una qualsiasi formula matematica, deve poter essere combinata in altre operazioni, come moltiplicazioni, sottrazioni divisioni ecc. Ed ecco che il video è costretto ad ibridare il suo concetto con la nascita di nuovi movimenti. La body art userà il nuovo medium per poter lasciare un segno riproducibile in ogni parte del mondo, il video diventa anche documento, è la caccia dell'immagine che fissata su pellicola raccoglierà quel lasso di tempo per poter essere riprodotta in seguito. Molti artisti da Orlan a Vito Acconci alla Abramovic hanno utilizzato il video per far si che le loro
performance potessero essere riprodotte in qualunque momento. Dopo un brevissimo cenno storico sull'evoluzione della video arte e del medium video, si può iniziare a parlare di video scultura. Ma alla domanda più retorica e più naturale, ovvero, cos'è la video scultura, si risponde con un timido imbarazzo e con la certezza di non avere una certezza. Molti dizionari, alla voce video scultura, riportano tale dicitura " Opera d'arte contemporanea, comprendente l'uso di schermi televisivi o monitor". Questo è il significato di video-scultura che, navigando su internet, ho trovato da un dizionario di arte online. Dunque da questa affermazione/definizione, sembrerebbe implicito l'uso del video per fare della video scultura. Come afferma anche Marco Maneguzzo, un critico da sempre interessato alla video scultura, essa per poter esistere e nascere, ha avuto e deve avere l'ibridazione delle idee, con i precedenti movimenti e gli imminenti
sconvolgimenti ai quali andrà incontro la scultura. La video scultura, potrebbe essere, come in pittura e, in altre forme artistiche, una variante del tradizionale modo rappresentativo della forma espressiva scelta. In pittura si hanno delle varianti espressive significative, dove l'intervento pittorico è ridotto al minimo o definitivamente assente. Lo stesso potrebbe valere per la video scultura. In una mostra promossa dal Goethe Institut di Genova e realizzata in collaborazione con il centro video arte fiera di Ferrara, la mostra si concentra su quattro video scultori che sono i maggiori esponenti della video scultura a livello internazionale. Fabrizio Plessi, video scultore italiano, ha fatto dell'utilizzo del video, un estensione ormai sempre presente nelle sue opere. L'acqua, altro elemento di Fabrizio Plessi che rappresenta nelle sue opere, è sapientemente reso artificioso dall'utilizzo dei video e monitor installati nelle sue opere.
Questo tramutare e modificare l'elemento scultorio, è un nuovo varco che la video scultura porta nella rappresentazione artistica. La video scultura, può dunque, solo in parte definirsi scultura, perché essa ha un suo linguaggio e, possiede dei propri codici. Anche Maurizio Camerani, altro rappresentante della video scultura, e profondo conoscitore della video arte, oltrepasserà il flebile confine approdando alla video-scultura. Il margine tra le due forme artistiche è molto sottile e spesso superato e confuso; ma la video scultura, si avvale di spazi e di elementi, molto lontani dalle rappresentazioni installative della video arte. L'elemento video; determina di per sé un differente utilizzo del medium espressivo, che sta entrando con sempre maggiore virulenza all'interno del fare scultoreo. La linea è sottile, oltrepassare un territorio per invaderne un altro è ormai quello che un artista fa tutti i giorni. Siamo ormai abituati a vedere
sculture accompagnate da video e monitor, quasi come se questi ultimi fossero un vero e proprio prolungamento dell'arto di uno scultore. Ma, ritornando alla ricerca della nostra definizione, su cosa potrebbe essere la video scultura, ci accorgiamo che le possibili offerte per una sua definizione sono molteplici. L'elemento video dunque, diventa un apparato inscindibile per il formarsi di questo nuovo linguaggio. Ma più che cercare una definizione, o un luogo immaginario dove la video scultura possa trovare una sua collocazione, credo che noi innanzi tutto dovremmo soffermarci su di un concetto, e cercare di capire cosa potrebbe essere inteso come video scultura. Ma tentare di definire con una certa sicurezza un fare artistico in completa evoluzione, risulterebbe essere, almeno a mio modo, un approccio sbagliato alla conoscenza di quest'ultimo. Ricordo la confusione iniziale mia e dei miei compagni, su cosa ci fosse stato insegnato e su cosa fosse
la video scultura. Alcuni pensavano di fare delle sculture e poi filmarle, altri pensavano di realizzare sculture al computer, altri invece non ne avevano la più pallida idea. Dunque ancora una volta, mi ritrovo a ribadire, che la video scultura debba essere un concetto, ma ciò non è possibile, la storia dell'arte ci insegna che ogni movimento artistico deve essere studiato e analizzato, in modo tale da poter essere studiato e tramandato nella storia. Ma per me il concetto di vedo scultura resta ancora una terra lontana, tanto più vicina a me è la capacità di poter fare della video scultura. Le opere di plessi rendono artificioso la rappresentazione dell'acqua, giustamente ritratta tramite un monitor televisivo, come altrettanto, altri lavori con la presenza di video potrebbero tranquillamente rientrare nella video scultura. Sono molti giorni che ormai penso ad un mio futuro lavoro che vorrei realizzare. L'idea mi è nata proprio dopo
l'avvio della ricerca sulla video scultura. Un lavoro semplice e di facile realizzazione. Imbandire un tavolo da pranzo completamente apparecchiato, con tanto di tovaglia, forchette, bicchieri, e tutto l'occorrente per gustare un buon pranzo, e dove dovrebbe trovarsi il piatto praticare un ritaglio rettangolare sul tavolo in modo da far vedere il pavimento. Ovviamente al posto dei piatti, dove io realizzerò i ritagli sul tavolo, andrei ad inserire dei monitor, con le pietanze che dovrebbero essere consumate. Piatti caldi e fumanti, da far venire l'acquolina in bocca. È questi piatti multimediali dovrebbero consumarsi proprio come se lì ci fosse seduto qualcuno a consumarli. Il titolo dell'opera dovrebbe essere O.G.M "Organismi, Geneticamente, Multimediali". L'idea di questo lavoro mi è venuta dopo aver osservato le opere di Plessi. Il suo modo di rappresentare l'acqua mi ha incuriosito, proprio per l'impossibilità di essere
toccata, di vederla, non come in pittura, ma di vederla scorrere libera e vera, con la sensazione quasi di bagnarsi ma di non poterla toccare. Ecco questa secondo me è la video scultura. Un viaggio nelle sensazioni dell'artificio, rappresentare qualcosa nella sua interezza, vederla sentirla profumata e fresca, con la piena consapevolezza che quello che si sta guardando è qualcosa di vero, di vivo, ma che in realtà non c'è, non esiste, è solo un gioco dell'artificio e un compromesso con le nostre sensazioni.
Giuseppe longo








6 giugno 2010
esposizione all'Orangerie del Castello di Boisset les Prévanches

MondoCane:il titolo del mio nuovo lavoro

una cartella di 20 lavori lavorati con carta preparata con petrolio e inchiostro preparato al petrolio.puramente ispirato da fatti realmente accaduti!!!!
a presto fabrizio

Giuseppe Penone

CAN YOU HEAR IT ?

Londra 3-4-5-6 maggio (diario fotografico 1'parte)

1'giorno: Tate Britain, National Gallery





2'giorno: lezione di David Rikard, Simon Terrill - Artist in Residence 123 Balfron Tower, Studio Franko