This is the blog for Franko B's sculpture class at Accademia di Belle Arti di Macerata, Italy.

PILOTA: ART SHOW IN BERLIN 22 AGOUST


Berlin; Sunday, August 22nd, 2010. Federico Arcuri; Elena Bellantoni; Franko B; Ignacio Chávarri; Giuseppe Ciracì; Fabrizio Cotognini; Derek Di Fabio; Alessandro Di Pietro; Cesare Galluzzo; Jessica Gaudino; Luigi e Luca; Federico Lupo; Alice Masprone; Stefano Minzi; Stefania Migliorati; Gianni Moretti; Gemma Noris; Irina Novarese; Maria Elisabetta Novello; Bruno Ollé; Svetlana Ostapovici; Marco Pezzotta; Matteo Sanna; Ivana Spin...elli; Pietro Spoto; Annelore Van Dijck; Cristiano Tassinari; Serena Vestrucci

One small truck-to-rent parked along the roadside.
This van is normally used for removing / shifting material from one area to another, from one city to another in the neighborhood.
Within the container (16 m3 4 * 2 * 2m) there’s a small exhibition. As part of a convoy the truck start a crossing of a desert or polar path on urban scale.
The sole link between the social chasm that separates the center of a city from its suburbs is the road network. A transit space necessary to move from a point to another. Is that a good place for an artwork? What does it mean to be open? And to go public? Do people pay attention to chance encounters, or they better walk straight to their achievements?
The project aims at providing a chance for a cultural break. An accident which is useful for the success of a journey (of the imagination). As well as taking possession of a suspended space between inside and outside, which is both nomadic and sedentary, each artist uses his/her work as an object with some value, by being transported and held with them, its utility is renewed and its range increases.
The caravan enhances individual potential and turn unimaginable distances into a reachable one. As for the viewer, the container looks mainly as a temporary roof than as a permanent place for the artwork. The parked truck offers a second version of the usual spaces for artworks, spaces where apparently the work needs to be hosted. Rather than “asking for a space”, the work is temporarily parked on the public ground. Under its own shelter where to welcome its audience.

Shortly: no epic journey, but with the risk to exit home.

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Un piccolo camion preso a noleggio e parcheggiato a lato di una strada; della categoria di veicoli normalmente utilizzata per traslochi o spostamento di materiale da un quartiere all’altro o da una città ad un’altra limitrofa.
L’interno del container (16m3 4*2*2m) viene utilizzato come spazio nel quale allestire una piccola mostra. Come parte di una carovana il veicolo inizia una traversata polare o desertica in scala urbana, all’interno del container ognuna delle opere delinea il proprio spazio in modo non egoistico, ma mirato alla riuscita della spedizione.
L’unico collegamento tra il baratro sociale che separa il centro di una città dalla sua periferia è la rete stradale; spazio di transito necessario per muoversi tra due punti. È questo un buon luogo per il lavoro? Cosa significa essere “aperti al pubblico”? Si è disposti a prestare attenzione ad incontri casuali o è meglio proseguire dritti verso la propria meta?
Il progetto vuole proporre un motivo di sosta culturale, come un incidente di percorso finalizzato alla riuscita di un tragitto dell’immaginario.
Oltre ad appropriarsi di uno spazio sospeso tra l’interno e l’esterno, il nomade ed il sedentario, ognuno degli artisti pone il proprio lavoro nel ruolo di oggetto con valore, da trasportare, da traslocare, da avere appresso per rinnovarne l’utilità, aumentarne la gittata.
La carovana accentua le potenzialità individuali e rende possibili spostamenti che
in solitaria sarebbero impensabili. Per lo spettatore il container ha più l’aspetto di una copertura temporanea che di una sede stabile per il lavoro. La vettura parcheggiata propone una reinvenzione dei locali abitativi delle opere, locali nei quali il lavoro necessita di essere ospitato. Anziché fare richiesta di uno spazio l’opera si parcheggia temporaneamente sul suolo collettivo, all’interno di un proprio riparo nel quale è lei stessa ad ospitare il suo pubblico.

In sostanza: niente traversate epiche, ma ci si prende il rischio dell’uscire di casa.

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